Aelia Laelia. Un mistero di Pietra. Undici
racconti gialliDicembre 2000
(Diabasis Editore, 2000)
Collana Biblioteca padana
Formato 13x19,5
Pagine 160
Prezzo di copertina euro 11,22
ISBN 88 8103 169 8
Aelia Laelia: un misterioso nome in una misteriosa
iscrizione in pietra incastonata nella parete
di una vecchia chiesa a Casaralta, vicino
a Bologna; un mistero da indagare o da riscoprire,
un enigma da sciogliere o da rimuovere. Aelia
Laelia funziona da detonatore di questa singolare
raccolta di racconti gialli, scritta da autori
diversi (con diverse scritture, tonalit�
e assetti narrativi) e nata per gioco - il
gioco della letteratura - nell'ambito di
Bologna 2000. Gialli storici e metafisici,
giochi sottili a cavallo tra farsa e tragedia,
indagini che partono e si dividono in una
serie di riflessioni esistenziali e simboliche,
alla ricerca di una identit� perduta o dimenticata.
In fondo ci� che conta non � la pietra o
ci� che vi sta scritto, ma le storie che
sa creare, la vita che le si muove intorno,
il tempo che passa e non passa, il vagabondare
di cose e di uomini, dentro e fuori dal mondo,
su tutti i diversi registri dello "scrivere
in giallo".
Presentazione, Eugenio Ricc�mini
Il giardino incantato, Giuseppe Pederiali
Pagine di pietra, Danila Comastri Montanari
Il segreto dell'Apuano, Davide Barilli
In disparte, in silenzio, Piero Meldini
Com'era bello Carmelo, Roberto Barbolini
Day-dream, Gregorio Scalise
L'epigrafista, Valerio Massimo Manfredi
Grazie a un mistero, Daniele Genova
Via del ritorno, Valerio Varesi
L'oroscopo dei morti, Saverio Maccagnani
L'uomo che beff� la morte, Mauro Curati
Presentazione
E' forse il momento giusto, questo, per ricordare
al pubblico, e ai curiosi, che Emanuele Tesauro
(esagernado, certo; ma era nel giusto del
tempo) riteneva l'allora celebre Pietra di
Bologna cosa tale da assicurare la fama alla
citt�, ove altre non ce ne fossero. Altre,
come sappiamo, ce n'erano, e anche pi� meritevoli
di gloria. Ma oggi � perfino di moda citare
l'autore un tempo dimenticato del Cannocchiale
aristotelico, sommo manuela di retorica non
solo verbale ma anche, come egli dice, lapidaria.
E qui si tratta, appunto, di una lapide;
che suscit� non poca suggestione, tanto che
ne scrissero autori, i pi� disparati, forestieri
e nostrani: da Walter Scott a G�rard de Nerval,
dal Calindri a Giuseppe Raimoldi. Ma la citazione
ammirata dal Tesauro basterebbe da sola a
rinfocolare l'interesse su questa cinquecentesca
iscrizione. Il Tesauro, infatti, prefigura
non poche caratteristiche del moderno intellettuale,
dello specialista del pensiero, un po' funambolico
e anche fine a se stesso, padrone dell'arte
di argomentare e disquisire circa l'argomentare
e il disquisire, prescindendo parecchio su
ci� di cui si argomenta e disquisisce. Cos�
gli pareva una trovata non da poco, e anzi
geniale, questa nostra enigmatica iscrizione,
che oggi potrebbe benissimo stare a suo agio
in una rivista di enigmistica, appunto, o
in un dottissimo saggio di semiologia. Essa
� infatti una sfinge che pone quesiti affascinanti
perch� insolubili; e ci svela un poco i meccanismi
di sofisticatissimo (e forse infruttuoso)
pensiero che erano cos� applauditi nelle
accademia cinquecentesche: le stesse in cui,
trascinandoci dentro talora incolpevoli pittori
spesso quasi analfabeti e per� bravissimi,
si mettevano a punto quelle "imprese"
che ancora oggi funzionano come rebus, come
indovinelli per gente colta e di sterminate
letture (e di sterminato tempo da perdere).
Sulla Pietra di Bologna s'� scritto parecchio,
e con rara competenza, circa dieci anni fa,
in un libro che forse non ebbe il successo
che meritava. Oggi ci proviamo nel modo -
diverso e senz'altro accattivante - della
narrazione a pi� voci da parte di scrittori
di sicuro talento. Oggi, forse, il momento
� pi� opportuno: c'� pi� interesse e curiosit�
sugli enigmi, sui misteri e sulle acrobazie
del nostro intelletto; e pu� darsi perfino
che qualche esperto di marchingegni elettronici
ci possa suggerire come sciogliere, novello
Edipo, l'indovinello cos� ingegnosamente
congegnato. Ammesso, per�, che il suo autore
avesse in mente qualche soluzione. Perch�
si pu� benisssimo sospettare che egli abbia
montato solo una specie di presa in giro,
destinata a durare; e che il quesito non
abbia soluzione alcuna. Potrebbe essere,
cio�, solo un ben riuscito gioco intellettuale.
E se cos� fosse, ci piacerebbe ancora di
pi�; e ci farebbe ancora pi� luce su quel
mondo di letterati cinquecenteschi, artificioso
e snob, che s'inventarono una simile trovata.
Eugenio Ricc�mini