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Intervista di Stefano Mauri
Intervista al giornalista scrittore e ideatore del celebre poliziotto (anche) televisivo.

Il nuovo giallo di Valerio Varesi scende in profondità, tra i fili di una maglia dai punti fallati per indagare le vite degli invisibili: gente refrattaria alle relazioni sociali, persone disperse e mai cercate o morte da mesi e mai trovate.
Ne Gli invisibili, nuovo titolo nella collana Il Giallo Mondadori, uno di loro è riemerso dalle nebbie del fiume, il Po, come relitto di un passato dimenticato. E dopo tre anni in una cella frigorifera nessuno l’ha mai reclamato.
A indagare è il commissario Soneri, che decide di riaprire questo cold case

L’indagine lo porterà ad addentrarsi nel microcosmo del fiume, tra le nebbie autunnali padane che rendono tutto e tutti invisibili, che ingannano. E in mezzo, protagonista del libro di Varesi, sta il Po, un “formidabile contenitore” di verità pieno di movimenti notturni e navigato da naufraghi del tempo.

Ebbene, nei giorni scorsi, con Valerio Varesi, giornalista e scrittore, per parlare del suo ultimo“giallo” abbiamo scambiato volentieri quattro chiacchiere…

Soneri ne Gli Invisibili appare ancora più deluso, malinconico e disilluso dall’attualità quotidiana, sbaglio?

E’ più arrabbiato. Questo è il sentimento dominante. Di conseguenza anche deluso, frustrato nel vedere, come accade nel libro, un uomo, e dunque l’umanità, ridotta a detrito dal valore infinitamente più basso della merce. Quest’ultima si può monetizzare, ma il corpo di un ripescato senza nome non solo non vale niente, ma è anche un problema. L’umano è un problema quando non è produttivo e si trasforma in un costo. In più, Soneri si sente egli stesso un invisibile perché fa parte di una cittadinanza che, nel totale dissanguamento ideale della politica, non conta più niente di fronte ai potentati multinazionali della finanza e dell’informatica.

In un’epoca ove tutto è social, il Faro sicuro di Soneri rimangono l’amore, la complicità e la passione con la sua compagna…

Credo che l’ancoraggio personale agli affetti, non solo quelli verso una compagna o un compagno di vita, sia tuttora un salvagente sicuro. In mancanza di una dimensione corale e collettiva, si cerca di svolgere la propria vita nel porto sicuro del privato. Questo non vuol dire rinunciare a una dimensione sociale, ma limitarsi a svolgere il proprio ruolo nel mondo con onestà senza particolari condivisioni. Sarebbe già un buon passo in attesa di nuove visioni di mondo. Oggi, purtroppo, ci troviamo in quell’età di passaggio di cui parlava Gramsci, vale a dire il periodo in cui il vecchio mondo sta tramontando e il nuovo ancora non sorge. E’ in questa fosca alba che nascono i mostri.

Uno dei rischi dell’essere tanto, troppo social e poco sociali è anche quello di diventare gli invisibili di qualcuno, di perdere il gusto delle vere cose che contano, no?

La diffusione dei mezzi di comunicazione digitali ha accentuato e accompagnato la parcellizzazione e l’isolamento degli individui. Se si osservano le foto delle manifestazioni fino agli anni ’80 vediamo folle straripanti riempire le piazze, cosa oggi impensabile. Il covid ha ulteriormente spinto all’isolamento. Immagino quello che succederà della generazione di bimbi che è stata costretta a rinunciare ai primi approcci collettivi come la materna o il nido. Esperienze mancate che segneranno questi futuri adulti.

Il fiume Po, la cucina della Bassa, sempre presenti nelle tue storie, in questi tempi di convivenza col virus rappresentano anche uno spunto per ripartire col cosiddetto turismo di prossimità…

Sta già accadendo con tanti che non si spostano più a lungo raggio per le vacanze e preferiscono occupare le seconde case in Appenino o località della propria provincia per visite e scampagnate. Il Po non è molto indicato nella stagione estiva, ma sicuramente lo è nelle mezze stagioni. Comunque è pur sempre uno spettacolo di enorme fascino e suggestione anche perché sulle sue sponde giacciono tesori d’arte e di cultura enormi.

Ci sono anche Cremona, la motonave Stradivari e il suo capitano Lanidnine gli Invisibili…

Cremona è una città a cui sono legato e nella quale torno sempre volentieri. Giuliano Landini è l’unico personaggio vero del libro. E’ rimasto solo sulla tolda della sua Stradivari. Un vero uomo di Po capace di interpretare la corrente meglio di un mago che guarda la sfera di cristallo.

Come hai vissuto il lockdown?

Da giornalista ho potuto spostarmi e pertanto ho sopportato meglio la privazione di libertà. Due mesi ai domiciliari, privati della più preziosa prerogativa, quella di muoversi liberamente, sono stati una condanna durissima che ha colpito in base al reddito. I più poveri, costretti a vivere in pochi metri quadrati, hanno sofferto moltissimo. Gli studenti, per esempio, hanno potuto seguire le lezioni se dotati di strumenti e di una buona linea internet, mentre i meno fortunati e ricchi hanno subito un deficit enorme che si porteranno dietro per l’intera vita.

Cosa bolle nella tua pentola letteraria? 

A ottobre uscirà il nuovo libro, ma non sarà un giallo con protagonista Soneri. Quasi in contemporanea uscirà ‘Gli invisibili’ abbinato a Repubblica, Stampa e Secolo XIX. Sempre in ottobre mi aspetta un importante festival letterario in Francia e un tour oltralpe, covid permettendo.

 

Stefano Mauri    Intervista di Stefano Mauri